Origini Illustri

GIACOMO VACCARO

  Giacomo Vaccaro (avo)

 

L'ultimo dei figurinai della tradizione bongiovannesca avendo ricevuto richieste di figurine dalla Francia, dalla Germania e dall'America al fine di agevolarne la spedizione via mare caricando direttamente sulle navi, il Vaccaro nella sua giovinezza si trasferì a lavorare prima a Catania e poi a Napoli.

La vitalità dell'ambiente napoletano lo entusiasmò tanto, che si narra che per fissare i tratti di qualche bel tipo napoletano camminasse per le vie sempre con la stecca e con un pezzo di argilla molle in tasca.


La veridicità di questo racconto è dirnostrata dalle sue numerose opere, che molto risentono della intensa vita di quei quartieri popolari, dell'incanto di quell'ambiente marinaro. Gli scugnizzi, i pescivendoli, le barche piene di pescatori che cantano, che vogano, che gettano le reti, testimoniano appueno il fascino indelebile nell'animo del giovane artista calatino.

Un uomo, che seppe lasciare conia sua arte un segno di grandezza, se non pari a quella del grandissimo Bongiovanni dal quale discendeva per via di sangue, certo meritevole di esserle accostata
per quel tratto di genialità propria della famiglia.

Giacomo Vaccaro era, infatti, figlio di Giuseppe Vaccaro, che era cresciuto e si era formato alla bottega dello zio Giacomo Bóngiovanni e ne aveva appreso con fine intelligenza i
segreti dell'arte, tanto da potere ottenere nel tempo il privilegio di associare la firma nelle opere
realizzate.

E invero le terrecotte che oggi ammiriamo nelle Collezioni pubbliche e private di chiara impronta Bongiovannesca portano la firma associata BongìoVanni - Vaccaro. Sono figurine o gruppi di squisita fattura e di originalissima composizione. Scene di vita familiare, momenti di vita campestre — che hanno
fermato nel tempo, più che i costumi, l'anima semplice e i sentimenti-profondi del contadino, del proletariato isolano.

Opere di Giacomo Vaccaro si trovano, oltre che nel locale Museo regionale della ceramica, in collezioni private e in musei italiani ed esteri, mentre non va taciuto che assieme con Luigi Sturzo fu tra i fondatori dell'Istituto statale d'arte per la ceramica, allora solo scuola finalizzata a creare un artigianato coltivato, se non proprio colto, affinato nella tecnica, pronto a recepire ed elaborare i segni del tempo pur nel solco delle tradizioni locali.

Egli che vide nella sua lunga vita (visse 84 anni, dal 1847 al 1931) il decadere dell'arte per la quale era vissuto tra disperazione e speranza di un impossibile ritorno al passato, del quale, faceva se stesso testimone con la fierezza del suo portamento, con la dignità della sua barba e della sua chioma che ornavano, una.. testa «michelangiolesca», ben salda sul tronco, una testa simbolo del suo genio; che pareva fosse un tabernacolo racchiundente i meravigliosi tesori della sua fantasia ingenua, rozza e. possehte, come una forza primigenia nella nostra meravigliosa, terribile terra di Sicilia.

Articoli giornalistici

Sintesi luglio-agosto 1996
La Sicilia 1996
L'Obiettivo 22 aprile 2009

via Vaccaro